La manutenzione

Cos’è la manutenzione? Di quali aree di competenza si compone?

Un’area della manutenzione è strettamente legata alla progettazione, i cui elementi fondanti sono l’analisi affidabilistica e/o la revisione dei progetti (RAMS) e la manutenibilità come requisito (non come probabilità). Un’area è legata al cosiddetto progetto della manutenzione, ossia, ai metodi di lavoro, ai piani, alle politiche, alle analisi economiche (LCC, ad esempio, nelle alternative di investimento), al budget tecnico/economico, e via. Un’area è legata alla gestione manutentiva e al controllo prestazionale del sistema. Infine un’area è collegata all’organizzazione, con i modelli manageriali e strategici, con i processi e il sistema informativo.
Se osserviamo la manutenzione usando il paradigma della piramide di Anthony (1965), al top la manutenzione si confonde sempre più con la sostenibilità, incontrando la tutela dell’ambiente (Ferracuti, 1990) e la sicurezza del lavoro e degli impianti. Ma è al centro che troviamo gran parte dell’impianto teorico: dalla teoria dell’affidabilità e della manutenibilità, al controllo delle prestazioni e dei costi, i metodi di indagine sui fabbisogni manutentivi e sulle modalità di guasto, e, soprattutto, la diagnostica tecnica a supporto sia della preventiva, sia della ricerca della cause di avaria. Alla base della piramide ci sono invece le attività operative e gestionali, la contrattualistica, il global service (inteso come strumento operativo) e il facility management, ad esempio.
Nel corpus disciplinare della manutenzione vi sono tre importanti aree di confine: l’area dell’affidabilità, l’area tecnologica e l’area della diagnostica, che si avvalgono di contributi del tutto esterni, se non estranei, alla manutenzione.
In queste aree buona parte dei concetti provengono e sono sviluppati all’esterno della manutenzione, pur trovando nella manutenzione in qualche caso delle importanti specificità, in altri casi essendo semplicemente collaterali ad essa.
Nei paesi anglosassoni, e particolarmente negli Usa, l’area dell’affidabilità è ben distinta dalla manutenzione che è vista soprattutto come mera attività di riparazione e ripristino funzionale dei sistemi (Barringer, 2001-2007). Nell’Europa continentale, sebbene storicamente la teoria dell’affidabilità nei primi anni ’40 nasca in Germania come disciplina indipendente, la troviamo naturalmente integrata nella manutenzione fin dal primo congresso EFNMS di Wiesbaden nel 1972 (dove fu formulata la nota "curva a vasca da bagno" per descrivere l’andamento del tasso di guasto nei sistemi complessi). A mio avviso è bene che sia integrata.
L’area tecnologica, dove risiedono i processi di montaggio, smontaggio, sostituzione e/o riparazione dei componenti appartenenti ai sistemi, è in gran parte estranea alla manutenzione, ed è in stretta correlazione con la tecnologia del sistema sottostante.
Il meccanico quando revisiona una pompa non svolge operazioni molto diverse da quando l’ha montata per la prima volta, Il muratore quando ripara un intonaco non svolge operazioni molto diverse dalla sua prima stesura, se non in taluni materiali impiegati. Un elettricista/elettronico quando sostituisce componenti guasti in un rack, non svolge un’attività molto diversa da quando ha installato questi dispositivi la prima volta.
Tant’è vero che molte aziende fornitrici o produttrici dei sistemi in questione, sempre più tendono ad offrire anche il servizio di manutenzione. Ciò avviene perché possono riutilizzare gran parte delle risorse impiegate nella fase di montaggio ed installazione del sistema nuovo, con il vantaggio di poterli offrire realizzando margini superiori.
Da sempre poi, nelle industrie, gli addetti alla manutenzione sono impiegati nelle attività di realizzazione di nuovi impianti, che comprendono costruzioni, montaggi, installazioni, piccole attività di progettazione, ecc.
D’altro canto, l’intervento di sostituzione di supporti, ruote dentate, cinghie (meccanico) è molto diverso da un intervento di sostituzione dei tubi di una caldaia o di revisione di un bruciatore (termotecnico), dalla riparazione di un PLC o dalla sostituzione di un fine corsa (elettrico/elettronico), al ripristino dell’intonaco di una parete o di un tetto pericolante (edilizio), alla riparazione di una pompa di grandi dimensioni o di un reattore (chimico/petrolchimico), alla riparazione di una turbina avio (aeronautico). Infatti i sistemi, macro o micro, indicati fra parentesi possono essere i più disparati.
Nelle attività descritte la quota di competenze manutentive è una minima parte rispetto alla quota di competenze legate al sistema sul quale si interviene. E questa tendenza cresce con l’aumentare della complessità dei sistemi e con il passare degli anni.
La crescente complessità dei sistemi ha portato a semplificare le azioni manutentive, facendo eseguire ai manutentori sempre più sostituzioni di moduli piuttosto che riparazioni. La cosiddetta "black box", si alza costantemente di livello fino a raggiungere la funzione o addirittura il sistema, se molto serializzato ed economico (vedi telefoni cellulari, piccoli motori elettrici, ecc.). Sul piano organizzativo ciò si traduce nel ricercare sempre più la polivalenza del manutentore piuttosto che la specializzazione. Un’esperienza sul sistema, e sulla tecnologia, piuttosto che di mestiere.
Questi cambiamenti sempre più evidenti in tutti i settori hanno accentuato il distacco fra il sapere manutentivo e le azioni manutentive, dove le conoscenze manutentive sono ormai una sovrastruttura.

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